Porte aperte alla sessualità in carcere e alla vita affettiva dei detenuti.
Potrebbe essere così dopo la decisione della Consulta secondo la quale la norma dell’ordinamento penitenziario che vieta a chi è recluso di avere incontri con il partner che non siano sottoposti al controllo degli agenti della polizia penitenziaria viola la Costituzione e i diritti dell’uomo.
Con questa sentenza i giudici costituzionali hanno dichiarato l’illegittimità dell’articolo che non prevede che la persona detenuta possa svolgere i colloqui con il coniuge o la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente , senza il controllo del personale di custodia, quando, nessun motivo di sicurezza o disciplina, né ragioni giudiziarie, siano di impedimento a uno spazio di privacy.
Antigone, l’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti, parla di “sentenza storica” e “adesso bisogna trasformare un diritto di carta in diritto effettivo” che vale anche per le coppie omosessuali.
Il caso preso in esame dalla Consulta è quello di un condannato definitivo per tentato omicidio, furto aggravato ed evasione che deve scontare la sua pena nel carcere di Terni sino al 2026. Non gode di permessi premi, ha accumulato sanzioni disciplinari, pertanto non ha nessuna possibilità per ora di avere rapporti sessuali con la sua compagna, dato che gli incontri in carcere si svolgono sotto la vigilanza permanente. Modalità che si traducono, secondo il giudice di sorveglianza Fabio Gianfilippi che ha portato la questione alla Consulta, in un “vero e proprio divieto di esercitare la sessualità”, in contrasto con più principi costituzionali.
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